salta alla navigazione

Il monoteismo: progresso o minaccia per l’ umanità?

24, Giugno 2007 Inviato da Giovanni Ruggia in : credenze e valori , trackback

Si sostiene che il monoteismo sia stato un progresso nel cammino dell’ umanità, che esso abbia migliorato la condizione femminile, contribuito all’ abolizione della schiavitù, dato origine alla scienza moderna. Quali sono e che consistenza hanno le prove in tal senso?
Si ritiene comunemente che il monoteismo sia nato in Palestina ad opera degli Ebrei. È vero che il Giudaismo, il Cristianesimo e l’ Islam che da esso sono derivati, sono oggi le forme di monoteismo dominanti nel mondo ma si dimenticano così, quantomeno, le forme di monoteismo nate in Egitto (Akhenaton) e in Iran (Zoroastro). Anche nell’ Antica Grecia c’ erano germi di evoluzione in direzione del monoteismo: Apollo presso i Greci è il dio per eccellenza, la divinità assoluta, l’ espressione più completa del divino che essi avessero concepito; e Socrate propugnava una visione etica basata sull’ idea di un cosmo organizzato finalisticamente da parte di una divinità intelligente che tende a procurare benessere e felicità agli umani.
Molte tracce di questi precedenti si possono trovare nel monoteismo ebreo, cristiano e islamico.
Si tende – naturalmente da parte delle gerarchie delle religioni interessate – a identificare il monoteismo come un progresso nel cammino dell’ umanità. L’ idea, bisogna riconoscerlo, ha un suo fascino: se siamo tutti figli dello stesso Dio significa che siamo tutti fratelli, cioè tutti uguali e liberi dall’ oppressione da parte di altri esseri umani. D’ altra parte però quest’ idea di fratellanza universale non nasce con il monoteismo – anzi l’ idea di popolo eletto sembra piuttosto contraddirla – gli stoici e gli epicurei nell’ Antica Grecia avevano pure formulato idee in questa direzione.
La religione monoteista fa la sua apparizione probabilmente per la prima volta nell’ Egitto faraonico (Akhenaton, intorno al 1350 a.C.). Questa idea è preceduta da interpretazioni teologiche che tendono a fondere diverse divinità interagenti in un’ unica entità divina.
Il monoteismo che si sviluppa ad opera degli Ebrei è piuttosto la religione di un Dio geloso e vendicativo, più che misericordioso, e attraversa diversi stadi. Da una situazione di predominanza di un dio – un fatto molto comune anche in altre culture attorno al Mediterraneo, che all’ inizio non comporta necessariamente un culto esclusivo (si adora un dio ma non si esclude che ce ne siano altri: monolatria) – si passa per gradi a un monoteismo esclusivo.
Il dio degli Israeliti è inizialmente piuttosto un dio delle tribù nomadi contrapposto alle divinità delle città politeiste. Con l’ urbanizzazione, i legami familiari nell’ Antica Mesopotamia si allentano mentre altre forme di organizzazione, soprattutto professionali, emergono e assumono maggiore importanza. Si pensi ad artigianati importanti quali il fabbro e l’ edile o a professioni intellettuali come lo scriba. L’ antagonismo sociale e culturale si trasforma più tardi in conflitto tra divinità all’ interno stesso della comunità. Col tempo il mondo sociale urbano, complesso e impuro, viene contrapposto a Dio uno e puro. Si arriva al concetto di mondo terreno, separato da Dio, sotto la responsabilità dell’ uomo. Il regno di Dio non è di questo mondo. Questi concetti verranno poi ripresi e applicati a livello globale dal successo del Cristianesimo e dell’ Islam che assurgeranno a religione ufficiale di stati imperialisti.

L’ apporto del monoteismo al progresso dell’ umanità è più apparente che reale, più una coincidenza che un fattore causale. Sono soprattutto i progressi scientifici e tecnologici e fattori economici e sociali che hanno contribuito a questo progresso civile e etico. Anche se in teoria tutto sembra funzionare alla perfezione nel monoteismo, e qualcuno ne fa derivare perfino i principi del liberalismo, la storia dimostra che ci sono grossi limiti al suo effetto liberatorio sulla condizione umana.

Primo, le religioni monoteiste che vanno per la maggiore (Giudaismo, Cristianesimo, Islam) parlano di Dio Padre, derivano cioè da una concezione paternalistica della famiglia, in questo contesto il concetto di Dea madre sarebbe piuttosto blasfemo. Le religioni monoteiste si sono affermate proprio in un contesto di lotta fra i sessi dove il sesso femminile viene demonizzato per meglio sottometterlo. La stessa Eva tentatrice ricorda, col suo nome, una dea degli inferi punica. Il dio degli Israeliti si sente minacciato dagli umani “illuminati” dall’ alleanza della donna con il serpente.
Nessuna delle tre religioni suddette ha mai fatto più di tanto per l’ effettiva parità dei sessi. Sono sempre stati e sono tuttora i maschi a capo della famiglia e tutori della posizione della donna nella società. Alle donne è tuttora precluso, a parte in qualche minoritaria confessione protestante, l’ accesso al sacerdozio. L’ uguaglianza uomo-donna non è certamente una conquista delle religioni monoteiste. La parità fra i sessi era molto più effettiva, anche e soprattutto per quanto riguarda la pianificazione familiare, nella preistoria e ancora oggi nelle società di cacciatori-raccoglitori come i !Kung . L’ autonomia delle donne si è andata degradando nel periodo in cui l’ urbanizzazione e l’ agricoltura di massa si svilupparono, erodendo il loro potere sulle loro vite, rendendole più dipendenti dai maschi per la sussistenza e limitando il loro raggio d’azione alla cura dei figli e all’ interno delle mura domestiche.
È vero che nell’ Antico Egitto le donne erano finanziariamente e giuridicamente indipendenti, libere nel contrarre matrimonio e in questioni ereditarie: almeno in teoria erano uguali ai maschi di fronte alla legge. Anche nell’ Antica Persia le donne potevano avere possedimenti di cui avevano pieno controllo e indipendenza gestionale. Si conoscono casi nell’ Antica Mesopotamia e nell’ Antico Egitto di donne con posizioni di potere come esperte di divinazione e interpretazione dei sogni, come medici e in funzioni di culto. Ma la posizione delle donne nella società in generale era comunque dipendente, molto spesso solo i figli maschi venivano mandati a scuola.
Nell’ Antica Grecia e presso i Romani le donne stavano anche peggio e la conquista dell’ Egitto da parte dei Greci ha costituito per la posizione della donna nella società un passo indietro. L’ avvento del Cristianesimo, più tardi, non ha portato alcun miglioramento.
Con la conquista islamica, man mano che le élites arabe consolidavano il loro potere e si urbanizzavano, le donne furono sempre più recluse in casa e coperte dal velo. La definizione della legge islamica, la sharia, che avvenne in quei primi secoli dell’ era islamica, risultato di manipolazioni ad uso della gestione del potere, ridimensionò drasticamente i miglioramenti in fatto di eredità, di proprietà e di definizione della posizione all’ interno della famiglia, che i primi precetti di Maometto teoricamente sembravano accordare alle donne rispetto alle società preislamiche conquistate.
In tutte le società complesse – agricole, feudali, mercantili, industriali e capitaliste – i sistemi legali hanno rinforzato con il passare del tempo le disuguaglianze tra maschi e femmine. Ciò è continuato fino all’ era moderna. La parità dei sessi si è affermata solo molto tardi, dapprima in Europa, almeno in teoria, nella seconda metà del secolo scorso, in seguito alla rivoluzione tecnologica e alla diffusione dell’ istruzione pubblica e non senza molte resistenze da parte delle gerarchie cristiane, e deve oggi fare i conti con la rinascita islamica.

Lo schiavismo è un altro esempio degli evidenti limiti dell’ effetto liberatorio del monoteismo. L’ uguaglianza di fronte a Dio vale solo per i membri della comunità dei credenti, gli altri non sono considerati umani a pieno titolo.
L’ affermarsi del Cristianesimo non ha portato alla sparizione della schiavitù, essa è continuata per molti secoli ancora e si è estinta in Europa più per motivi economici che etici.
Nel momento in cui il Cristianesimo diventa dominante viene solamente impedita la vendita di schiavi cristiani a Pagani e Ebrei. Ma la schiavitù non sparisce, anzi viene supportata e giustificata come conseguenza del peccato originale. Il diritto d’ asilo nelle chiese degli schiavi fuggiaschi, che era comunemente praticato nei templi dell’ Antica Grecia, viene limitato.
È stato l’ avvento di un’ economia che consentiva di sopperire alla produzione senza il concorso di schiavi, rendendo il lavoro servile meno competitivo di quello salariato, a favorire la scomparsa della schiavitù, non imperativi morali derivati dalla religione.
Le stesse cristianissime potenze europee, più tardi, non si sono mai fatte scrupolo di schiavizzare le popolazioni autoctone dei paesi su cui arrivavavano a mettere piede, soprattutto in America, e, esaurite per malattia le popolazioni autoctone, a organizzare un fiorente trasporto transatlantico di schiavi dall’ Africa all’ America.
Con l’ Islam siamo messi anche peggio: il Corano regolamenta la schiavitù – prescrive un trattamento umano per gli schiavi – ma non la proibisce . Il mondo islamico classico era una società schiavistica per eccellenza e i Mussulmani sono stati i primi schiavisti su grande scala, organizzando la tratta transsahariana degli schiavi otto secoli prima della tratta transatlantica, con un numero di schiavi razziati nei loro paesi d’ origine equivalente e condizioni di trasferimento altrettanto disumane. La schiavitù è continuata nel mondo islamico fino al XX secolo.

Si è sostenuto che il monoteismo, in particolare la versione cristiana, abbia contribuito allo sviluppo della scienza: senza il concetto di un creatore universale razionale, sensibile e affidabile – questo il ragionamento – non si può arrivare a credere che la comprensione del mondo sia possibile.
Ora, bisogna innanzi tutto intendersi su che cosa si intenda per scienza.
Se con questo termine si intende un “corpus” di nozioni anche molto dettagliate di botanica, zoologia, ecologia, ne possiamo trovare esempi anche in culture primitive.
La scienza intesa come curiosità intellettuale sulla struttura del mondo, manifestatasi nell’ elaborazione di teorie organiche, si è sviluppata in modo molto progredito anche in altre culture, Cina, India, Antica Grecia, Mondo Islamico, America Precolombiana, perfino nell’ Antica Mesopotamia e in Antico Egitto. Non è necessario credere nel monoteismo per immaginarsi un ordine del mondo ed essere curiosi per cercare di scoprirlo, anzi la storia mostra un sacco di casi in cui la credenza in una verità rivelata è stata d’ impedimento alla ricerca scientifica.
È vero in ogni caso che la scienza intesa come impresa collettiva organizzata di scienziati professionisti è nata in Europa nelle università, un’ invenzione degli Scolastici evolutasi dalle scuole cattedratiche. Le università presto si differenziarono da queste scuole e si dedicarono in modo specifico alla speculazione, a differenza delle accademie cinesi.
Nella Cina tradizionale si era già sviluppata una concezione della scienza come progresso e accumulo di conoscenze comuni, raccolte impiegando un metodo marcatamente sperimentale, malgrado la venerazione per i saggi dei tempi perduti, e organizzate in teorie coerenti. Ma le scuole e gli esami dei mandarini erano gestiti da un’ autorità centralizzata dipendente dall’ impero. Ciò si è rivelato all’ inizio favorevole alla crescita delle scienze applicate, con immediata ricaduta pratica e politica, ma ha avuto col tempo un effetto frenante in campi più speculativi, tarpando le ali alla creatività e alla concorrenza.
L’ università europea era governata come una gilda, le facoltà controllavano l’ accesso ai loro ranghi e il curriculum di studi. L’ autonomia delle università e la libertà di indagine degli studiosi furono spesso contestate dalla Chiesa, la quale pretendeva che la filosofia naturale assolvesse una mera funzione ancillare nei confronti della rivelazione. Ma i maestri delle facoltà di arti riuscirono nel Medioevo a conquistare e a mantenere la libertà accademica, l’ autonomia della ragione dalla fede, l’ affrancamento dalla funzione ancillare dello studio della filosofia naturale.
Come mai gli studiosi cristiani riuscirono a ottenere questa indipendenza della quale i loro colleghi islamici mai riuscirono a godere in modo significativo? Perchè i Cristiani erano già venuti a patti con la separazione del pensiero teologico-religioso da quello laico, con il concetto di separazione tra stato e chiesa, tra sacro e profano, idee con le quali avevano dovuto convivere per molti secoli quale minoranza oppressa nell’ Impero Romano. Inoltre in Europa, a differenza del mondo islamico e di quello cinese, dopo l’ Impero Romano mai una potenza era riuscita ad assumere il controllo politico globale. Giocando abilmente sulle rivalità tra papato e impero, ma anche fra i principi locali e le città che le ospitavano, le università riuscirono ad acquisire e mantenere una forte autonomia e ad assicurare libertà e privilegi ai propri membri .
Riassumendo molto succintamente, la nascita della scienza moderna si svolge più o meno così. Nelle università del Medioevo nasce la libera indagine, all’ inizio proprio sulle sacre Scritture stesse. Mentre diverse invenzioni tecnologiche vengono sviluppate empiricamente, le facoltà di arti si dedicano allo studio della natura. Quando la cultura classica raggiunge di nuovo l’ Europa, attraverso le traduzioni dall’ arabo, essa possiede già una base intellettuale propria, grazie alle conoscenze empiriche acquisite che in parte contraddicevano le concezioni dei filosofi aristotelici, e potè confrontarvisi con maggiore indipendenza di giudizio rispetto ai suoi predecessori arabi. Un ulteriore contributo fu apportato dalla seconda ondata di traduzioni, questa volta dal greco, catalizzata dalla fuga dei Bizantini alla caduta di Costantinopoli, che portò alla luce autori come Platone e gli Stoici. Quasi contemporaneamente la scoperta del Nuovo Mondo e dei satelliti di Giove, contraddicendo in modo determinante la filosofia naturale aristotelica, ne decretò la fine. Furono così incorporati definitivamente nella pratica dell’ indagine sul mondo il metodo sperimentale e il concetto di progresso scientifico, cioè di accumulo e perfezionamento delle conoscenze.
La scienza moderna è quindi il prodotto dell’ interazione di almeno tre civiltà: quella greca, quella islamica e quella latina. Essa divenne possibile perchè nei momenti storici cruciali gli uomini di cultura latini, e prima di loro quelli islamici, si resero consapevoli che era necessario imparare da chi aveva già precedentemente studiato l’ argomento, lasciando da parte il pregiudizio che la propria cultura fosse di natura superiore.

Grossi limiti presenta il monoteismo pure per quanto riguarda la libertà di pensiero. È indubbio che una fede religiosa spesso può dare un senso alla vita di molte persone, dà loro una speranza e una dignità di fronte alla sofferenza. In questo senso le vite dei fondatori, dei profeti e dei santi, vere o leggendarie, rappresentano esempi edificanti in cui molte persone in difficoltà possono trovare ispirazione.
Ma quando si esce dall’ esperienza personale e si passa a un’ organizzazione istituzionalizzata nascono ambizioni dogmatiche. Ognuna delle religioni monoteiste ha conosciuto e conosce gerarchie e caste che si arrogano la competenza di saper interpretare la parola di Dio e di parlare in suo nome, stabilendo su che cosa si può indagare liberamente e su che cosa no, riducendo al silenzio, se necessario e possibile con la violenza, le voci discordanti.
Se Dio è uno solo, il mio è naturalmente quello giusto mentre il tuo è falso, È forse, addirittura, il demonio stesso che ti ha confuso la mente ed è mio dovere far di tutto per convertirti, distruggere i tuoi idoli e i tuoi luoghi di culto, far violenza a chi predica e pratica il tuo culto. Non solo, se Dio è uno, pure la sua parola è una. Quindi se tu interpreti le sacre scritture a modo tuo, lo veneri e lo servi a modo tuo, stai in realtà venerando il demonio, il tuo modo di pensare va sradicato. Un invito a nozze per nevrotici che potranno trasformare il proprio odio verso se stessi in odio verso il mondo, in odio verso l’ intelligenza e la cultura.
Herem (così era chiamato il terrorismo ebraico contro i Romani), crociata, jihad: la guerra santa è nata con il monoteismo e diventa il mezzo per imporre le proprie concezioni ed espandere il proprio dominio. Il terrorismo esaspera la reazione della controparte in modo da impedire ogni tentativo di riconciliazione.
Il Dio unico diventa pensiero unico. Il mondo diventa teatro di violenze e di prevaricazioni in nome di un Dio misericordioso e clemente. La storia ce ne fornisce un’ interminabile serie di esempi: la persecuzione degli altri culti organizzata dai cristiani dopo il loro trionfo nell’ impero romano accompagnata dalla distruzione dei loro templi, i filosofi greci che si devono rifugiare nell’ impero sasanide, le missioni di evangelizzazione in Europa che, si badi bene, non avvenivano grazie all’ esempio dei buoni cristiani ma massacrando i renitenti, le crociate contro i movimenti eretici, l’ antisemitismo, la caccia alle streghe. I terroristi di allora oggi vengono chiamati santi.
L’ altra religione monoteista, l’ Islam, non è stata da meno. L’ espansione islamica ha cancellato le radici culturali dei popoli sottomessi in Africa e Asia, sottoponendoli all’ imperialismo arabo. E gli esempi continuano con l’ attualità: il terrorismo planetario di matrice islamica, le prevaricazioni nei confronti di minoranze religiose in molti paesi mussulmani, le innumerevoli condanne pronunciate per far tacere le voci critiche nell’ Islam e impedirne una riforma in senso liberale.
Oggi una seria minaccia ai diritti civili viene dal fondamentalismo islamico: la dichiarazione del Cairo del 1990 adottata dai governi dei paesi islamici pone la sharia al di sopra della dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo. Questa dichiarazione è stata poi addirittura accettata dall’ ONU nel 1997.
Ma anche nel mondo cristiano non si sta solo a guardare, basti ricordare i fondamentalisti cristiani contro Darwin, i cattolici contro le unioni civili.
Questa cattiva caratteristica del monoteismo sta contaminando pian piano anche religioni politeiste come l’ Induismo, il quale ha una tradizione di accettazione di interpretazioni plurime, perfino agnostiche, ma che sta riscoprendo una lettura fondamentalista dei suoi testi fondatori, finora minoritaria. Sotto la pressione dell ‘ ideologia del cosiddetto scontro di culture anche altre tradizioni filosofiche asiatiche vanno scoprendo presunti “valori asiatici” di cui si sottolineano solo gli aspetti autoritari e di sottomissione a una sola interpretazione.

Un’ ulteriore aspetto del monoteismo da non sottovalutare è la concezione di un mondo a totale disposizione della razza umana, senza condizioni, che può essere sfruttato senza limiti. Nella concezione politeista gli dei abitano e regolano la natura e l’ uomo, quale parte della natura, si deve sottoporre a queste regole e questi limiti naturali. Nella concezione monoteistica della Bibbia e del Corano, l’ uomo riceve da Dio la responsabilità esclusiva e illimitata su questo mondo. La diffusione mondiale grazie al Cristianesimo e all’ Islam di questa visione, nata con il monoteismo israelita, non può non arrischiare di produrre effetti dirompenti sull’ ambiente in cui viviamo.

Il monoteismo ha dato e dà a molti esseri umani un senso alla loro vita, credere in un essere superiore onnipotente e misericordioso è per molte persone un bisogno fisiologico, dà coraggio e aiuta a far fronte alle difficoltà. In questo senso potrebbe eventualmente avere qualche potenzialità per il progresso umano. Ma la storia dimostra che spesso e volentieri si trasforma in una pericolosissima arma di distruzione di massa.
Il monoteismo è un po’ come l’ energia atomica, va utilizzato solo sotto stretto controllo. O forse converrebbe portare a termine il processo di riduzione del numero di divinità, iniziato passando dal politeismo al monoteismo, riducendole definitivamente a zero.

Referenze

. Anna Ferrari. Dizionario di mitologia greca e latina. UTET, Torino 1999
. AAVV, Enciclopedia filosofica. Bompiani, Milano 2006
. Giovanni Reale. Storia della filosofia greca e romana. Bompiani, Milano 2004
. Erik Hornung. Monotheismus im pharaonischen Ägypten. In Othmar Keel (Herausgeb.). Monotheismus im alten Israel und seiner Umwelt. Verlag schweizerisches katholischen Bibelwerk. Fribourg 1980
. Michael Cook. A brief history of the human race. Granta books, London 2003A.
. Leo Oppenheim, Erica Reiner. Ancient Mesopotamia. The university of Chigago press (rev. Ed.), Chicago 1977
. Fritz Stolz. Monotheismus in Israel. In Othmar Keel, op. cit
. Hans Peter Müller. Gott und die Götter in den Anfängen der biblischen Religion: zur Vorgeschichte des Monotheismus. In Othmar Keel, op. cit.
. J.M. Adovasio, O. Soffer, J.Page. The invisible sex: uncovering the true roles of women in prehistory. Harper&Collins, New York 2007
. Marjorie Shostak. Nisa: the life and words of a !Kung woman. Harvard university press, 1981
. Guity Nashat. Women in the Middle East 8000 BCE to 1700 CE. In Teresa A. Meade & Merry E. Wiesner-Hanks. A companion to gender history. Blackwell, Malden MA, 2004
. Gay Robins. Frauenleben im Alten Ägypten. C.H. Beck München 1996
. Maria Brosius. Women in Ancient Persia. Clarendon Press, Oxford 1996
. Fatima Mernissi. Donne del Profeta: la condizione femminile nell’ Islam. Edizioni culturali internazionali, Genova 1992
. Laura Levine Frader. Gender and labor in world history. In Teresa A. Meade & Merry E. Wiesner-Hanks. Op.cit.
. Ettore Ciccotti. Il tramonto della schiavitù nel mondo antico. Laterza, Bari 1977
. Bernard Lewis. Race and slavery in the Middle East. Oxford university press, New York, 1990
. Fernand Braudel. Il mondo attuale. Vol I: le civiltà extraeuropee. Einaudi, Torino 1966
. Ronald Segal. Islam’s black slaves. Farrar, Straus & Giroux. New York, 2001
. Rodney Stark. For the glory of god. Princeton university press. Princeton 2003
. Joseph Needham. Science in traditional China: a comparative perspective. The chinese university press, Hong Kong 1981
. Edward Grant. Le origini medievali della scienza moderna. Einaudi, Torino 2001
. André Glucksmann. Le discours de la haine. Plon, Paris 2004
. Ulla Berkewicz. Forse stiamo diventando pazzi: Casagrande, Bellinzona 2004 (ed orig.: Vielleicht werden wir ja verrückt. Frankfurt a.M. 2002)
. Ibn Warraq. Why I am not a Muslim, Prometheus books, 2003
. Roy Brown. L’ Islam à la commission des droits de l’ homme. Seminario IHEU (International Humanist and Ethical Union), Paris, 6 aprile 2006 (http://www.iheu.org/node/2207)
. Amartya Sen. The argumentative Indian: writings in indian history, culture and identity. Penguin, London 2005

Commenti»

1. anonimo - 2 Marzo 2008

lo schiavo nell’islam ha una posizione unica nel mondo di allora. infatti vi sono alcuni versi del corano dove la liberazione di uno schiavo è considerata una “via ascendente” nella sura della contrada. In un altro passo è scritto che se lo schiavo chiedeva al suo padrone di essere liberato, quest’ultimo doveva assolvere la richiesta, almeno parzialmente se non era disposto a liberarlo totalmente. In un hadith (detto del profeta) è riferito di non chiamare schiavo, ma figlio, inoltre è anche riportato di non dare incarichi allo schiavo al di fuori delle sue capacità. Il motivo per cui l’islam non ha potuto abolire la schiavitù è per la società araba preislamica dove le tribù concepivano i rapporti umani solo con razzie e schiavitù (causate anche dalla condizione di miseria), era quindi impossibile questa abolizione.
Altra considerazione importante è questa: le radici culturali dopo l’avvento dell’islam. Queste non sono state affatto cancellate, semmai promosse, è proprio per questo che si ebbe uno sviluppo culturale e scientifico nei paesi islamici durante l’alto medioevo. Infatti i testi di Platone ed Aristotele furono mantenuti in vita grazie alle traduzioni degli arabi; furono tradotti inoltre gli scritti nestoriani ed ebrei. Un altro mantenimento culturale si ebbe in india, dove lo zero e il sistema numerico indiano fu condiviso dagli arabi e importato in tutti i paesi. L’islam, durante l’alto medioevo, aveva promosso una tolleranza religiosa, infatti mentre gli ebrei furono perseguitati e convertiti con la forza in europa, e lo stesso per i cristiani ortodossi nel regno sassanide, con lo stato islamico i non-musulmani venivano riconosciuti come “dhimmi”, ossia protetti, potendo praticare la loro religione senza venire forzati alla conversione all’islam, secondo un passo del corano che dice “no c’è costrizione nella religione”(corano 2:256)

2. anonimo - 3 Marzo 2008

sono d’accordo che molte volte nel monoteismo si sono formate gerarchie religiose autoritarie, ma c’è da chiedersi se sia colpa del monoteismo stesso o di alcuni individui corrotti che hanno sfruttato il credo del popolo indirizzandolo a suo piacimento: io affermerei più quest’ultima. Infatti l’interpretazione alla lettera della storia di adamo ed eva ha causato problemi a Darwin, il quale sosteneva la derivazione fisica dell’uomo dall’animale; invece nella stessa bibbia, nell’antico testamento sul capitolo di Ezechiele, è scritto che “il figlio non sconta le iniquità del padre”, e questo significa che l’uomo non proviene da un primo uomo di nome Adamo il quale ha compiuto un peccato che si è trasmesso per generazioni e generazioni. L’interpretazione deve essere quindi metaforica, secondo cui Adamo è l’umanità, ed Eva l’anima dell’uomo che viene dall’umanità, infatti Eva proviene da Adamo essendo uscita da una sua costola. Altra interpretazione volta al predominio del proprio status sociale si è verificato nell’islam nella concezione del paradiso. Per esempio nella setta degli Assassini, affermatasi nel XIII secolo, il capo eseguiva vari rapimenti di individui sottoponendoli a stupefacenti e poi a visioni di donne e di paesaggi facendoli credere di vedere il paradiso islamico (leggendo il corano vediamo che il paradiso è formato da vergini e da ruscelli e prati), per poi incoraggiarli ad eseguire assassinii sotto il suo comando verso avversari politici della setta sunnita. Prima di tutto nel corano è vietato compiere omicidi, secondo un passo che dice “Allah ha reso sacra la vita di un uomo”, soprattutto se riguarda un musulmano. L’uccisione è resa lecita solo in guerra nella jihad contro coloro che perseguitavano i musulmani nell’arabia preislamica, dove inoltre è espresso “combattete senza commettere trasgressioni, poichè Allah non ama i trasgressori”, oppure in qualsiasi guerra per espansione. Per quanto riguarda il paradiso, poi, deve essere intesa in linguaggio metaforico, poichè in un passo è scritto “abbiamo posto nel Corano ogni sorta di metafora per gli uomini”.
per quanto riguarda le persecuzioni religiose compiute secondo la volontà delle autorità islamiche non sono in realtà lecite secondo alcuni hadith (detti) di Maometto, il quale dice: “a chiunque farà male ad un dhimmi( non-musulmano) io gli sarò nemico nel giorno della resurrezione (la vità aldilà)”.
Da ciò si deduce che se si “purificano” i monoteismi dalle corruzioni delle autorità religiose, queste religioni non si mostreranno più come minaccia per l’umanità.

3. Giovanni Ruggia - 9 Marzo 2008

Grazie all’ anonimo amico per i suoi commenti ai quali aggiungo alcune precisazioni:
È evidente che il periodo storico e le condizioni economiche influenzano le concezioni su fenomeni come lo schiavismo e la condizione femminile. Ciò significa che il Corano non può essere preso alla lettera come parola di Dio rivelata e immutabile ma è soggetto alla storia come tutte le opere umane. Ciò vale naturalmente anche per i miti relativi alle origini. Se oggi i tempi e la sensibilità sono cambiate è necessario reinterpretare il Corano. Secondo lo stato attuale della ricerca esegetica esso non può essere considerato l’ opera di un solo uomo ma il prodotto di una tradizione di diverse generazioni.
I primi secoli dell’ Islam sono stati il suo periodo d’ oro. Arrivati in Mesopotamia i Mussulmani sono entrati in contatto con la cultura ellenica, che aveva dovuto fuggire dall’ Impero Romano in quello Sasanide a causa dell’ integralismo cristiano, e l’ hanno inclusa nella loro filosofia e scienza. L’ Islam ha preservato l’ Antichità Classica, che sarebbe altrimenti andata perduta, e va considerato parte integrante della tradizione occidentale. L’ Islam ha conosciuto grandi filosofi come Ibn Sina (Avicenna): il filosofo ha il diritto di andare oltre la rivelazione; Ibn Rushd (Averroè), uno dei primi propugnatori dei diritti delle donne; e un grande imperatore Mogul, Akbar, di nome e di fatto, il primo a considerare tutti i cittadini (Mussulmani, Induisti, Buddisti) uguali a tutti gli effetti, anticipando di molto l’ Illuminismo.
Ma ciò non cancella la politica imperialista delle gerarchie arabe in Africa e Asia nei confronti delle culture incontrate (Berberi, Copti, Zoroastriani, culture animiste, ecc.).
Il concetto di dhimmi – applicato solo a Cristiani ed Ebrei, le religioni del libro, non agli altri che non hanno alcun diritto – significa appunto protetto, non cittadino di pieno diritto. Certo l’ Islam ha trattato nel passato Ebrei e Cristiani meglio di quanto i Cristiani non abbiano trattato Ebrei e Mussulmani. Ma in Europa c’ è stata un’ evoluzione mentre il mondo islamico è rimasto fermo. Ancora oggi l’ ayatollah Khatami, che passa per moderato (figuriamoci gli estremisti), afferma la superiorità dei Mussulmani, il primato dei principi religiosi sui diritti del cittadino.
Il citatissimo passo “non c’è costrizione nella religione” è un classico esempio di citazioni selettive dalle sacre scritture, alle quali si può far dire di tutto e il contrario di tutto. Almeno 200 versetti del Corano incitano alla lotta, alla guerra alla violenza.
È necessaria una riforma liberale dell’ Islam e una riforma politica ed economica nei paesi islamici, che stanno diventando più poveri e meno democratici proprio mentre altri paesi che prima stavano peggio fanno progressi economici e civili. E lo dicono studiosi mussulmani. La decadenza dell’ Islam e la sua chiusura su posizioni integraliste non è solo un problema interno dell’ Islam ma una grave minaccia per la convivenza su questo pianeta, dovuta proprio a questa incapacità di riformarsi e adattarsi ai tempi.
È urgente liberarsi dal potere delle autorità religiose e i Mussulmani che vivono oggi in Europa sono nella posizione migliore per farlo, grazie ai diritti civili e alla protezione dello stato laico di cui possono approfittare.
Bibliografia
– Karl-Heinz Ohlig. Weltreligion Islam, eine Einführung. Matthias-Grünewald-Verlag, Mainz / Edition Exodus, Luzern 2000.
– Dimitri Gutas. Pensiero greco e cultura araba. Einaudi, Torino 2002
– Mohammad Khatami. Religione, libertà e democrazia. Laterza, Bari 1999
– Irshad Manji. The trouble with Islam: a muslim’s call for reform in her faith. St. Martin’s Press, New York 2003
– Abdelwahab Meddeb. La malattia dell’ Islam. Bollati Boringhieri, Torino 2003
– Bernard Lewis. Il suicidio dell’ Islam. In che cosa ha sbagliato la civiltà mediorientale. Mondadori, Milano 2002

4. Giovanni Ruggia - 3 Gennaio 2009

Commento ricevuto da Gemma Donati:
… Quella che mi ha interessata di più è stata la parte dove hai trattato la differenza tra scienza europea e scienza cinese, ma possiamo credo dire “orientale” dato che gli orientali (tutti!) non hanno mai detto come Galileo: “Non si deve mai insegnare nessuna idea nuova se prima essa non è stata provata col corretto metodo sperimentale”. Galileo è stato proprio il primo e da lui inizia la scienza moderna vera e propria.
A proposito della nascita delle religioni dualiste vorrei dire una cosa.
Molto pochi si rendono conto che le religioni dualiste che credono in una trascendenza e dividono il mondo di qua dal mondo di là, non importa se monoteiste o no, non importa se teiste o no (il Buddismo non crede in Dio ma è sovraccarico di dogmi altrettanto assurdi e crede comunque in una trascendenza) non sono sorte a caso senza ragione, da un giorno all’altro, ma sono il frutto di precise situazioni storiche e sociali. Il dualismo terreno ed ultraterreno e la credenza negli Dei non esisteva come concetto nei popoli primitivi perchè la loro società non era dualista. Era una società tribale dove non esisteva lo schiavismo nè le divisioni di classe servo-padrone, e tutti erano o ben nutriti, o morivano di fame senza eccezioni. Le loro erano religioni naturali-sciamaniche, dove credevano nelle forze della natura ma non in un’extra-super-natura come paradiso, inferno, nirvana eccetera, eccetera. Questa è stata una novità dovuta a un cambiamento sociale.
La gente non si chiede mai come sono cominciare le religioni dualiste, e pensa sempre che esse siano una sorta di sentimento “naturale” che tutti gli uomini hnno dentro di loro, ma non è affatto così.
La divisione trascendenza-immanenza, mondo superiore e inferiore, spirito e materia, anima e corpo è iniziata solo quando è iniziato lo schiavismo e le due classi “servo-padrone”. Situazione sociale che poi si è alienata nella religione creando l’idea di Dei o comunque esseri superiori di la’, e uomini inferiori di qua.
Mi sembra abbastanza ovvio che oltre ad altre ragioni – le religioni sono fatti complessissimi e interdipendenti con innumeri altri elementi – in paesi democratici la religione perda valore proprio perchè si sta attutendo, se non annullando, il classismo dualista sociale. Nessun paese dove l’imperatore era considerato divino avrebbe mai potuto esimersi da una credenza dualistica metafisica. Non scordiamoci che l’Illuminismo e la Rivoluzione francese si sono dati la mano!
Assolutamente inutile perciò affermare che le religioni sono quelle che sono per alcuni uomini disonesti e tanto meno che sono le istituzioni che rovinano le religioni. Le religioni (meno le primitive così dette naturali e sciamaniche che credevano nelle forze della natura e NON in una trascendenza) essendo tutte dualiste derivano tutte da una situazione sociale classista con servi e padroni, schiavi e liberi, che per forza poi porta alla sopraffazione e allo sfruttamento anche con le migliori intenzioni.
Cristo può anche avere predicato eguaglianza ed amore per tutti, ma non poteva diffonderla, perchè per riuscire avrebbe dovuto abolire l’idea di un Padre celeste superiore a tutti noi. La corruzione delle chiese è solo un corollario e niente di più. Dove c’è dualismo ci sono già i presupposti dello sfruttamento e del potere di alcuni a scapito di altri.
In seguito la schiavitù può anche essere stata abolita, ma resta la base dualista di tutte le religioni senza eccezione che sono sorte con l’inizio del dualismo classista schiavo-libero, servo-padrone. Situazione mantenuta persino nella terminologia religiosa: non si chiama forse “liberazione” andare in paradiso, e non si prega Dio di “liberarci” dal male? Non ci “affranca ” Dio come il padrone faceva col servo? E ancora la parabola del padrone che condona i debiti al servo, il Figliuol Prodigo che da servo dei maiali torna ad essere figlio del padrone. E non sono gli stessi miracoli connessi con una situazione di disagio economico da cui l’essere superiore ci libera (la moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’acqua trasformata in vino) per non parlare delle altre religioni compreso il Buddismo e l’Induismo che allora sì, verrebbero fuori degli aspetti economici-sociali davvero interessanti, anche se nessuno qui da noi ne parla!
Questo dualismo sociale si è poi alienato sia nel dualismo metafisico-religioso, che in quello dei due ceti netti: clero e laici, superiore il primo, inferiore il secondo. Il primo cui si deve tutto, il secondo che deve manterlo. Non è la credenza in Dio che conta necessariamente, ma la credenza in una trascendenza, il Buddismo non è teista ma è spaventosamente dualista, e le conseguenze non sono state da meno di quelle delle religioni teiste.

5. claudio brovelli - 1 Aprile 2011

Bel post. Conferma la mia teoria secondo la quale il monoteismo e’ pericoloso. Se proprio vogliamo credere a superstizioni, almeno facciamolo accettando un relativismo politeista che fa meno danni.