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Esiste un design nel mondo?

23, Giugno 2009 Inviato da Giovanni Ruggia in : credenze e valori , trackback

You are crossing a heath on a well-worn path when a flash of early sunlight reflects from something lying over by an older trail. You follow the gleam to its source, brush away some dirt, and discover an old-fashioned gold pocket watch. Perhaps it is the same old watch that people have been finding for two centuries, but some details have been overlooked.
Its perfection still elicits wonder. The seam around the case is all but invisibile; the crystal is symmetrical and gleaming; the chain is made of exquisitely miniature gold links. The face has numerals sharply etched around the logo of Lifetime Watch Company. But even as you admire the watchmaker’s skill, the light reveals some surprising imperfections. The crystal is laced with slight distortions. And the chain, though beautiful and flexible, is thin and broken, thus explaining why the watch is here and not in a pocket. A notch in the seam is perfectly shaped for a thumbnail but large enough for dirt and water to enter easily. Odd, these flaws. You open the back, and the exquisite mechanism again inspires awe. How could anyone have designed, much less constructed, so many perfectly cut gears of rustproof brass, the hairlike spring of steel, the bilance wheel suspended by minuscule jewels? But when you try to set the watch, the knob is so tiny you can barely grasp it and a dozen twirls advance the hands only a single hour. You shake the watch. It ticks for five seconds, then is stopped by flakes of rust from that steel spring. What an odd device this is! So perfect in many respects, in other makeshift at best. How could the creator of such a masterpiece have allowed so many obvious flaws?

È molto diffusa l’ idea di ipotizzare un supremo artefice per spiegare ciò che sembra la presenza di un design nel mondo. Il mondo appare funzionare alla perfezione; i fenomeni naturali si svolgono, se non disturbati, senza intoppi; sembra inverosimile pensare che un tale meccanismo perfettamente integrato possa funzionare senza l’ intervento di un artefice massimo che l’ abbia sviluppato e prodotto.
Eppure gli esempi non mancano di imperfezioni del mondo che sono meglio compatibili con la selezione naturale che con un artefice massimo.Se si guarda bene sotto la superficie, il mondo non è perfetto, non è opera di un grande artefice ma di bricolage. Spiegare imperfezioni è più importante che spiegare esempi di perfetto adattamento.  Si può pretendere che un designer intelligente, un creatore onnisciente e onnipotente non farebbe errori e che un dio clemente e misericordioso non si diverta a introdurre apparenti difetti per saggiare la saldezza della fede delle sue creature.
Già Diderot e Hume avevano indicato debolezze dell’ idea di artefice massimo, e suggerito quale alternativa, ma senza perseguirla fino in fondo, la possibilità di mondi imperfetti tentati all’ infinito finchè non ne appare uno che funziona e che riesce quindi a persistere.  Si deve a Darwin l’ aver perseguito quest’ idea fino alle ultime conseguenze e aver raccolto i dati empirici per dare consistenza all’ ipotesi di evoluzione naturale per pressione ambientale.

L’ argomentazione in favore di un designer massimo suona molto semplice: “Ammucchiate a caso pezzi di metallo, essi non si disporranno mai spontaneamente in modo da comporre un orologio funzionante. Pietre, legname e malta, senza un architetto, non erigeranno mai una casa.”
Un organo o un meccanismo perfettamente adattato non può che essere opera di design. Prendiamo per esempio la strategia riproduttiva di una specie di orchidee. Esse si avvalgono, per l’ impollinazione, dei maschi di una specie di vespe; mediante la produzione di feromoni tipici delle femmine di queste vespe e l’ imitazione dell’ anatomia degli organi sessuali femminili inducono il maschio a copulare con i propri fiori, che così diventa l’ inconsapevole mezzo per trasferire polline da un fiore all’ altro. Un tale meccanismo – questo il ragionamento – può essere efficace solo se funziona alla perfezione al primo colpo, non può essersi evoluto per gradi intermedi, pena il totale fallimento.
Ma riflettiamo un attimo, siamo proprio sicuri che queste caratteristiche devono per forza essere perfette per funzionare? I maschi umani, per esempio, possono essere eccitati al punto di avere un’ erezione da un’ immagine bidimensionale in una rivista erotica, addirittura da semplici schizzi che rappresentino solo gli elementi più essenziali. Possono addirittura arrivare all’ eiaculazione con manipolazioni manuali che poco hanno in comune con un reale atto riproduttivo.
Ritornando alle vespe, i loro cervelli come quelli di tutti gli insetti, sono molto più semplici di quelli degli uccelli e dei mammiferi e i loro occhi compositi vedono il mondo in modo molto dissimile dal nostro.
Per esempio si possono osservare farfalle corteggiare foglie che svolazzano cadendo dagli alberi. Una buona parte delle interazioni tra esseri viventi si basa proprio sullo sfruttamento di abbagli di questo genere. Basta che le relazioni spaziali tra certe parti siano precise. Esiste una specie di cecità selettiva che presta attenzione solo a certe caratteristiche significative nella nicchia ecologica interessata. È un’ affascinante caratteristica della mimetica ma resta comunque una forte tentazione a pensare che essa non funzionerebbe se non perfetta. Tuttavia non è necessariamente così. Bisogna tener conto delle condizioni della visione che spesso non sono perfette: la luce può essere insufficiente, l’ angolo visuale non ottimale, c’ è la fretta di evitare un predatore o di anticipare un concorrente. Ci saranno spesso delle condizioni, per esempio una distanza, oltre la quale un predatore potrà essere ingannato e una distanza leggermente inferiore alla quale esso sarà meno facilmente ingannato. Similmente si può dire delle condizioni di illuminazione, le differenze tra giorno pieno e alba o imbrunire, tra bel tempo e nebbia o pioggia, e così via. Su queste piccole differenze la selezione naturale può agire migliorando gradualmente le prestazioni.
Esiste un interessante esempio verificato sperimentalmente: alcune specie di uccelli possiedono becchi incrociati per aprire pigne. Si è potuto verificare che anche un becco solo parzialmente incrociato o perfino con un minimo accenno di incrocio funziona meglio di un becco del tutto non incrociato.
Ma l’ esempio più citato dai fautori del design è l’ occhio. Com’ è possibile che un organo così perfetto si sia evoluto per gradi? A che serve un occhio parziale? Beh, serve, serve … Un organo fotosensibile rudimentale può servire all’ inizio solo per riconoscere il giorno dalla notte, poi per segnalare la presenza di ombre che potrebbero essere predatori, un organo un po’ più perfezionato può permettere di evitare ostacoli, con un po’ più di perfezionamento si possono riconoscere oggetti in movimento, e così via. C’ è un continuum di funzioni che può andare in parallelo con un continuum di efficacia. E va considerato che i concorrenti e i predatori del proprio periodo geologico e della propria nicchia ecologica non sono messi meglio. Un’ interessante simulazione al computer ha potuto calcolare che, per evolvere un occhio perfezionato come quello dei vertebrati, completo di cornea, cristallino, retina, ecc., a partire da un semplice strato di cellule fotosensibili nell’ epidermide, calcolando piccoli miglioramenti graduali in una sola caratteristica alla volta, basterebbe mezzo milione di anni, un batter d’ occhio geologico. Non meraviglia allora che organi adatti a formare immagini si siano evoluti più di 40 volte indipendentemente, basandosi su nove tipi di design differenti, nel regno animale. Preparando il bicentenario darwiniano la rivista scientifica Nature ha pubblicato nel novembre scorso una bellissima galleria fotografica di diversi tipi di occhio.

L’ apparente design è quindi il risultato per  selezione naturale di varianti che si dimostrano coi fatti meglio funzionanti. La selezione naturale è un meccanismo cieco e automatico, senza un fine, che applicato ripetitivamente ha dato origine alla diversità e complessità della biosfera. Un’ altra iterazione del processo non darebbe necessariamente risultati identici. Essa procede per accumulazione di design, mantenendo ciò che funziona e aggiungendo piccoli miglioramenti. L’ evoluzione naturale è un processo di accumulazione di caratteristiche e funzioni, un bricolage, non lo svilupparsi di un progetto, che però, a lungo andare crea design, funzionalità e intenzionalità, complessità e diversificazione, naturalmente entro i limiti imposti dalle leggi fisiche.
Riflettendoci un attimo non sembra nemmeno una cosa così lontana dal comune buon senso: è più facile aggiungere stadi che modificare delle sequenze già efficaci; è più facile ottenere vantaggi competitivi aggiungendo qualcosa che togliendolo; è più facile complicare uno sviluppo che semplificarlo, perché togliendo qualcosa si arrischia probabilmente di perdere il vantaggio che essa comporta.
Alcuni fenomeni evolutesi per ragioni diverse possono rivelarsi in altri contesti acceleratori del processo evolutivo, ma non è necessario ipotizzare un intervento esterno da parte di un’ entità superiore che ha programmato le cose con prescienza.
Anche l’ evoluzione prebiotica è proceduta per gradi, da macromolecole autoreplicanti – precedute e/o accompagnate da altri fenomeni chimico-fisici – concentrantisi all’ inizio per pura affinità chimica e in seguito per selezione naturale. Se oggi questi fenomeni ci appaiono implausibili, ciò è dovuto a un semplice fatto. Al primo apparire di una nicchia ecologica – in questo caso le condizioni prebiotiche – c’ è una grande attività, molti processi fisico-chimici di esplorazione di questa nuova nicchia si mettono in moto – spesso con masse coinvolte molto limitate – dove la selezione naturale ma anche il caso possono far fallire esperimenti naturali. Man mano che il sistema si stabilizza, i fenomeni naturali si concentrano su un numero limitato di varianti di successo che impediscono per la loro stessa presenza l’ evoluzione di altre forme. I fenomeni riguardanti la biochimica, la biologia, la chimica organica e catalitica non andrebbero considerati in termini antagonistici di vita  – non-vita, ma come un continuum da non-vita a vita con diverse gradazioni intermedie. L’ emergere della vita è un processo che ha comportato diversi stadi, molti eventi di emergenza di funzioni diverse (autocatalisi, compartimentalizzazione, riproduzione, differenziazione di processi metabolici, ecc.). Non ne conosciamo ancora la sequenza esatta. Magari sulla terra si è assistito all’ evoluzione di diversi tipi di vita, non sappiamo. La vita sulla terra ha, con ogni evidenza, cancellato, utilizzandole come cibo, ogni traccia di strutture prebiotiche.

L’ evoluzione della cooperazione e degli apparentemente maladattivi ornamenti sessuali di diverse specie possono indurre a credere a difficoltà insormontabili per la selezione naturale. In realtà essi si possono spiegare agevolmente come conseguenze inevitabili dell’ azione della selezione naturale sul fenotipo dei geni interessati.
Gli ornamenti sessuali sono spiegati da due meccanismi di selezione sessuale. Uno di questi è la scelta del partner: un partner attraente è una scelta adattiva perchè darà figli attraenti e, in una popolazione dove c’è una preferenza è bene seguire la moda, perchè i figli e figlie erediteranno le parti attraenti e la preferenza per queste e quindi aumenteranno le loro possibilità di avere maggior successo nel conquistarsi un partner. L’ altro meccanismo è il principio di handicap, l’ animale alla ricerca di un partner per accoppiarsi mostra di essere così forte da saper sopravvivere anche con un handicap, o dalla dimostrazione di resistenza ai parassiti – begli ornamenti sono incompatibili con l’ essere pieno di parassiti. I medesimi meccanismi sono all’ opera quando ci imbattiamo in forme di esibizione di abilità e forza da parte di molti animali di fronte a un potenziale partner.
La cooperazione si è evoluta dapprincipio nei confronti di consanguinei e in seguito per selezione di strategie reciprocanti in animali sociali che interagiscono spesso e possono far funzionare e affinare il meccanismo basandosi sul riconoscimento degli interattori e sul ricordo delle interazioni passate.
Anche i rituali di corteggiamento coinvolgono interazioni reciproche dove i partner si mostrano reciprocamente il loro interesse e la loro assunzione di impegno, come, p.es., la costruzione di un nido in molti uccelli.
In altre situazioni sociali, per ottenere i benefici di un altruista è necessario essere riconosciuto come reciprocante, o avere una buona reputazione. Molti animali possiedono la capacità di ricordare particolari situazioni spaziali, di riconoscere volti, di percepire lo status sociale, di punire gli inganni, di stimare i rischi. In fin dei conti l’ altruismo non è altro che egoismo ben impacchettato. Alla fine la cooperazione paga e il modo migliore di “sembrare” cooperatori per ottenerne i benefici è di “essere” cooperatori davvero. La buona reputazione nasce dall’ essere generosi davvero.
In gruppi di umani, anche tra persone che non si conoscono, si è addirittura evoluta una tendenza a punire chi non rispetta le regole anche se ciò rappresenta un costo per se stessi.

La stessa mente umana è un ulteriore esempio di funzionalità dovuta a evoluzione naturale e non a design. L’ evoluzione del nostro cervello potrebbe aver avuto una potente spinta dalla selezione sessuale; un cervello grosso, complesso e dispendioso è un buon indicatore di fitness e i suoi prodotti come il linguaggio, l’ umorismo, l’ arte, la scienza potenti strumenti di corteggiamento. La mente umana è uno strumento per stimolare altri cervelli sfruttando i centri del piacere, attivando le nostre emozioni.
Infatti la logica del nostro cervello non corrisponde alla logica matematica ma, a una logica evoluzionistica del corteggiatore che deve interessare e coinvolgere e a quella del reciprocante che deve scoprire coloro che fanno i furbi.
Le pressioni selettive che hanno agito sugli umani, producendo cognizione ed emozioni, hanno agito anche su uccelli, carnivori sociali, primati. Abbondano esempi di evoluzione di fenomeni simili alla cognizione, alle emozioni, all’ autoconsapevolezza anche nel mondo animale.
Inoltre il nostro cervello non è un organo ben disegnato per una funzione unica, è un insieme non sempre armonioso di moduli assemblati che a volte sono in contrasto tra di loro. La nostra mente è piena di difetti, di errori di ragionamento, essa ci rende facilmente manipolabili, ci induce a comportamenti antifunzionali in molte situazioni della vita13. Pensate soltanto a quanto spesso vi siete scordati di cose importanti, avete creduto di ricordare cose che non vi sono accadute, a quanti brutti ricordi vorreste cancellare ma non ci riuscite, a quante cose vorreste fare ma non trovate la volontà o il coraggio.

Perfino il libero arbitrio, tanto caro alla nostra tradizione filosofica, si sta rivelando un epifenomeno dell’ evoluzione del cervello umano e non una dote instillataci da un creatore supremo. Esperimenti suggeriscono che noi agiamo sulla base di interazioni tra circuiti attivatori e inibitori del nostro cervello e che la consapevolezza delle nostre azioni segue in un secondo tempo. L’ intenzione in un certo senso è retrospettiva, un sentimento cognitivo interno, per così dire, come sono sentimenti la felicità o la tristezza.
Il sè non è un punto fisso del cervello ma un processo distribuito nello spazio e nel tempo. La consapevolezza delle proprie azioni e pensieri nasce con l’ evoluzione della comunicazione ai propri simili. La necessità di comunicare ad altri le proprie intenzioni crea le premesse per l’ evoluzione di una registrazione nella memoria cosciente di sentimenti, intenzioni e motivi. Le azioni di un animale, anche complesso, possono svolgersi senza problemi anche inconsciamente. È la necessità di comunicarli che crea il meccanismo per renderli trasparenti agli altri e quindi anche a se stessi: da qui il sentimento di autoconsapevolezza.
Lo stesso senso di giustizia è innato, si sviluppa tra i 3 e i 6 anni, ed è presente pure in altri primati. La capacità morale è evoluta come altre capacità per selezione naturale. Le vicissitudini della vita non fanno altro che incanalare le scelte su opzioni prestabilite.
Le nostre qualità morali nascono dall’ interazione con i nostri simili e dalla pressione sociale che ne segue15. Dalla pratica di comunicare intenzioni e motivazioni agli altri e di ascoltare quelle altrui, nasce la considerazione e la deliberazione delle nostre stesse motivazioni e ragioni dissonanti nella nostra mente cosciente. Siamo esseri morali perché animali sociali.

Referenze

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Daniel Dennet. Darwin’s dangerous idea. Evolution and the meaning of life. Simon & Schuster. New York 1995.

Richard Dawkins. River out of eden. Weidenfeld & Nicolson, London 1995

John R. Krebs. The case of the curious bill, Nature 349: 465,1991

An eye for the eye. Nature 456: 304 – 309, 2008

Jack Cohen & Ian Stewart. The collapse of chaos: discovering simplicity in a complex world. Viking, New York 1994

Robert M Hazen. Genesis: the scientific quest for life’s origin. Joseph Henry press, Washington 2005

Helena Cronin. The ant and the peacock: altruism and sexual selection from Darwin to today. Cambridge UP, 1991

Ernst Fehr & Simon Gächter, Altruistic punishment in humans. Nature 415: 137-140, 2002

Geoffrey Miller. Uomini, donne e code di pavone: la selezione sessuale e l’ evoluzione della natura umana. Einaudi, Torino 2002

Barkow J.H., Cosmides L, Tooby J. The adapted mind: evolutionary psichology and the generation of culture. Oxford university press, New York 1992

Marc Bekoff. Animal passions and beastly virtues: reflections on redecorating nature. Temple university press 2005

Daniel L. Schachter. The seven sins of memory. Houghton Mifflin, New York 2001

Laurence Tancredi. Hardwired behavior, what neuroscience reveals about morality. Cambridge university press, New York 2005

M. Daly, M Wilson. Homicide. de Gruyter, New York, 1988

Daniel C. Dennet. Freedom evolves. Penguin, London 2003,

David Sloan Wilson. Evolution for everyone: how Darwin’s theory can change the way we think about our lives. Delacorte press, New York 2007

Commenti»

1. Alex Stockar - 5 Luglio 2009

purtroppo credere è più semplice e meno faticoso che cercare di capire ed infatti …
http://www.repubblica.it/2009/07/sezioni/scienze/museo-creazionisti/museo-creazionisti/museo-creazionisti.html?ref=hpspr1

L’irrazionalità dilaga ed è sovrana in tutti gli ambiti dell’attività umana, a tutte le latitudini (e longitudini), indifferente al livello culturale delle persone.