salta alla navigazione

Identità svizzera

8, Giugno 2007 Inviato da Giovanni Ruggia in : credenze e valori , trackback

Qualche anno fa aveva suscitato enorme scalpore il padiglione svizzero all’ esposizione mondiale di Siviglia, che veicolava lo slogan “Suiza no existe”.
Apriti cielo! Seguì un diluvio di proteste nei media e presso le autorità, una reazione di orgoglio nazionale. Se non altro l’ esposizione aveva dimostrato che esistono gli Svizzeri e che, se provocati, reagiscono fieramente. Ma se ci si riflette un attimo gli autori del padiglione svizzero non avevano torto.
Non esiste “la” Svizzera, ne esistono molte. Almeno le quattro classiche (tedesca, francese, italiana e romancia), alle quali spesso si aggiunge la quinta, gli Svizzeri all’ estero. Se chiedete a uno Svizzero di rivelarvi quali sono le cose che contano nella sua identità, comincerà a parlarvi del suo cantone o addirittura della sua valle, non della Confederazione e della sua missione nel mondo.
Questi concetti fanno parte del nostro modo di pensare, questa mitologia della Svizzera plurima ci viene propinata in tutte la salse già a partire dalla scuola dell’ infanzia. E allora perché queste reazioni violente allo stand che, seppure in modo provocatorio, affermava un basilare aspetto dell’ identità svizzera?

Lo spezzettamento etnico e linguistico nelle regioni di montagna, per l’ isolamento dovuto alle difficoltà di comunicazione da una valle all’ altra, provoca un forte senso di indipendenza, di autarchia, che favorisce il tradizionalismo e lo scetticismo nei confronti del nuovo, anche perché l’ ambiente e la vita di sussistenza sono duri e difficili ed è raro che una novità culturale porti dei vantaggi evidenti al primo impatto.
Molte caratteristiche regionali svizzere sono presenti anche nei vicini d’ oltreconfine, i dialetti, le pratiche religiose, le tradizioni popolari, la gastronomia. Pensate agli orologi nel Giura francese e nella Foresta Nera, alla fondue in Savoia e Valle d’ Aosta, alla polenta in Lombardia. I confini netti sono stati definiti dagli stati ma non esistono nella realtà culturale. L’ identità di una persona è multipla, a più dimensioni, e certi aspetti sono condivisi con cittadini degli stati confinanti. Per certi aspetti molti Svizzeri sono più affini ai loro vicini d’ oltreconfine che ai loro connazionali.
Casi simili si possono trovare in altre regioni dell’ arco alpino, nei Pirenei, nel Caucaso e anche fuori dall’ Europa, per esempio in Afghanistan.

La storia svizzera è piena di episodi di guerre, non solo per l’ indipendenza da potenze esterne che desideravano il controllo sui passi alpini, ma anche lotte fratricide per la supremazia interna, guerre di religione combattute in modo cruento, non dissimili da quelle combattute altrove oggi.
Nessuna parte è mai riuscita ad avere il sopravvento e a riunire tutto il paese sotto un’ unica identità nazionale come altri stati d’ Europa e col tempo la prudenza politica ha portato a fare in modo di smussare le differenze, a sottolineare aspetti che potessero unire, dalla lotta per affrancarsi dall’ egemonia di potenze straniere, allo sviluppo di aspetti tecnici (la famosa precisione svizzera), dove è poco probabile che possano nascere vertenze fatali. Il gioco ha funzionato così bene che poco a poco ci siamo illusi che esista una identità nazionale svizzera e ci arrabbiamo violentemente quando ci si fa notare che questa è solo un fantasma.

La tradizione vuole che la battaglia di Kappel sia stata evitata grazie a una zuppa, la leggendaria Zuppa di Kappel, gli eserciti cattolico e protestante pronti per una carneficina fratricida, pare che abbiano saggiamente deciso di riunirsi attorno a una grande caldaia dove cuoceva una zuppa a base di latte e ogni soldato abbia intinto il proprio pane raffermo. Alcuni sostengono che questo abbia dato origine alla “fondue”, essenzialmente una miscela di formaggi fusi e vino bianco, con aggiunta di un po’ di kirsch, speziata con pepe e paprika, che cuoce piano piano su un fornello posto al centro della tavola, in cui i commensali intingono pezzetti di pane. Di solito la si prepara per le occasioni conviviali, con familiari e amici, al ristorante o a casa. È forse l’ unico piatto veramente popolare su tutto il territorio della Confederazione. Il simbolo della nostra identità? Chissà! Oggi con la nostra identità in fermento, con i cambiamenti in atto in tutt’ Europa, dovute alle nuove migrazioni, vi propongo una modifica della ricetta tradizionale, una modifica multietnica e multiculturale, con due nuovi ingredienti, la vodka jubrovka, al posto del kirsch, e la harissa, invece del pepe. La vodka jubrovka è prodotta in Polonia: al distillato ordinario si aggiunge in infusione un’ erba, la jubrovka appunto, che è molto apprezzata anche dal bisonte europeo; la harrissa è un preparato tradizionale della Tunisia, a base di peperoncino piccante.
Prendetela come una ricetta “fusion”, che coniuga le tradizioni alpine con quelle continentali europee e quelle mediterranee, senza trasformarle in un insipido coacervo globalizzato, un’ icona della Svizzera dei miei sogni.

Per terminare su una citazione amena mi piace come James Flint, nel suo romanzo “Habitus” definisce la Svizzera: “un crogiolo di montagne dove il virus del rilevamento del tempo si era manifestato e trasformato fino a diventare così aggressivo da contagiare e ridurre in schiavitù il mondo intero.”

Commenti»

nessun commento ancora - vuoi essere il primo?